“BELLA CIAO”: DA CANTO POPOLARE A INNO GLOBALE CONTRO L’OPPRESSIONE

di Cadigia Hassan

In tempo di coronavirus, anche le celebrazioni e i cerimoniali devono adeguarsi alla ferrea prescrizione del distanziamento sociale. Nessuna eccezione, nemmeno per la ricorrenza di oggi, 75° anniversario della Liberazione d’Italia. L’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ha lanciato la proposta di metterci tutti alle 15 in punto ai balconi, sventolando il tricolore e cantando simultaneamente – in un coro ideale di voci – quello che viene considerato il canto partigiano per eccellenza, ovvero “Bella ciao”.




Al di là delle polemiche, delle divisioni e dei dibattiti che la ricorrenza del 25 aprile e il canto in questione accendono negli animi di casa nostra, desidero soffermarmi sulle origini e sul portato di questo celeberrimo brano, tradotto in tutte le lingue del mondo (compreso il cinese e l’arabo), cantato e inciso con i più disparati arrangiamenti (tra cui la versione “milonga” dei Los Herederos del Compas, quella “combat folk” dei Modena City Ramblers del concerto del 1° maggio 2004 in Piazza San Giovanni a Roma o quella dai travolgenti toni balcanici del musicista bosniaco Goran Bregovic e dei Dubioza kolektiv), fino a divenire il canto simbolo della libertà, della dignità e della ribellione dei popoli oppressi nonché, in questo periodo di Covid-19, un appello alla resistenza e alla resilienza regalatoci da sostenitori oltreconfine (dai cittadini di un quartiere di Bamberga, ai vigili del fuoco inglesi, alla performance con fisarmonica postata su facebook dall’amica italo-afroamericana Camilla Hawthorne, docente in un’università della California).

Le note di “Bella ciao” hanno risuonato in molte piazze e tribune mondiali, arrivando a noi attraverso l’etere e i media. Ricordiamo alcuni importanti eventi.
Nel 2011: dagli indignados del movimento “Occupy Wall Street”.
Nel 2012: a Tolosa, cantata da François Hollande a conclusione di un suo discorso durante le elezioni presidenziali.
Nel 2013: in Piazza Taksim a Istanbul e in altre città turche, durante le dimostrazioni antigovernative dei protagonisti del movimento Occupy Gezi.
Nel 2015: in sostegno alle vittime della redazione parigina di Charlie Hebdo, cantata da Christophe Alevéque; in Piazza Omonia ad Atene, nell’ultimo comizio pre elettorale di Alexis Tsipras.
Nel 2018: durante la rivoluzione sudanese.
Nel 2019: alla protesta dei manifestanti cileni in Plaza Italia contro il presidente Sebastiàn Piñera; all’aeroporto di Barcellona, manifestando per l’indipendenza della Catalogna; dalle combattenti curde a Kobane e Rakka, contro lo Stato islamico e gli jihadisti al soldo di Erdogan; nelle piazze italiane, come coro spontaneo a sostegno del movimento delle “Sardine”.

“Bella ciao” diventa la canzone simbolo anche della lotta a salvaguardia dell’ambiente. Nel settembre del 2012, al “Sing for the climate” tenutosi in Belgio, centinaia di bambini registrano sulle sue note la canzone “Do it now” (“Fallo ora”), brano che ritornerà alla ribalta lo scorso anno durante i “FridaysForFuture”, manifestazione su scala globale ispirata dalla teenager attivista svedese Greta Thurnberg.
E, ancora, nella fortunata serie spagnola "La casa di carta" ("La Casa de Papel"), la canzone "Bella ciao" viene cantata nelle scene più significative dal Professore, dal fratello Berlino e da tutta la banda di rapinatori della Zecca Reale di Madrid come simbolo di resistenza, ribellione e rivincita contro lo Stato.



Ma cerchiamo di risalire alle origini (incerte e contrastate) del canto, come dicevamo nella premessa. Nonostante le diverse paternità attribuite, di certo si sa che “Bella ciao” veniva cantata poco frequentemente dai partigiani durante la Resistenza e che era nota solo in alcuni reparti combattenti di Reggio Emilia e del modenese, nella leggendaria Brigata Maiella e in altri gruppi partigiani delle Langhe.
Molte ipotesi sono state avanzate sulla genesi di questo brano. Per la somiglianza del testo, della struttura dell’interazione (il “ciao” e il battimani ripetuto più volte) così come della melodia, “Bella ciao” ricorda le filastrocche “La me nòna l’è vecchierella” e “Bevanda soporifera”, ma anche una ballata francese del Cinquecento, arrivata nella tradizione piemontese con il titolo di “ Là daré 'd cola montagna” e in quella trentina con il titolo di “Il fiore di Teresina”, ma ricorda anche molto “Fiore di tomba”, diffuso in tutto il nord Italia. Di certo si sa che non è stata mutuata dal canto delle mondine padane (“Alla mattina appena alzata, o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao, alla mattina appena alzata, in risaia mi tocca andar”), composto solo nel dopoguerra da Vasco Scansani, autore di testi teatrali e anch’egli mondino. L’ingegnere Fausto Giovannardi ha scoperto una versione molto simile a “Bella ciao” in un brano della tradizione yiddish e della musica klezmer, dal titolo “Koilen” (“carbone), inciso a New York nel 1919 dall’emigrante ebreo di origine russa Mishka Ziganoff. Come sempre accade nelle canzoni folk e blues, “Bella ciao” non fa distinzione, risultando da una intricata combinazione di testi e melodie tramandati nella tradizione orale e soggetti a variazioni, aggiunte, cesure e revisioni.

La versione come la conosciamo noi ebbe un immediato successo nell’estate del 1947 a Praga, dove venne esibita da un gruppo di giovani partigiani emiliani nell’ambito della rassegna canora “Canzoni Mondiali per la Gioventù e per la Pace”.
Nel 1963, lo chansonnier francese di origini toscane Yves Montand inciderà il brano, che avrà una fortunata diffusione internazionale e in Italia verrà eseguito da Milva e da Giorgio Gaber. Ma sarà l’omonimo spettacolo, portato il 20 giugno 1964 al Festival di Spoleto dal Nuovo Canzoniere Italiano dell’etnomusicologo Roberto Leydi a far assurgere “Bella ciao”, cantata dall’ex mondina Giovanna Daffini, a pietra miliare del “folk revival” della canzone popolare italiana.

Per concludere, la canzone simbolo della lotta partigiana non è stata per niente l’inno della resistenza italiana al nazifascismo durante la seconda guerra mondiale (affermarlo sarebbe una controstoria): lo è diventata nel dopoguerra, un ventennio dopo, fino a oltrepassare confini e significati ed evolvendosi oggi in un inno globale di libertà e di ribellione a ogni forma di oppressione.


Qui di seguito, alcune versioni amate dai redattori di Mirabilia, ma siete vivamente invitati a segnalarci nei commenti le versioni che amate voi!

https://www.youtube.com/watch?v=7U7lVXoN3cg
https://youtu.be/nqvQyxjSd1E
https://www.youtube.com/watch?v=dS4DwXtASJQ
https://www.youtube.com/watch?v=55yCQOioTyY
https://www.youtube.com/watch?v=OyMA84-mowI
https://youtu.be/RzF47R_LnEg
https://youtu.be/RuS-0C1ze_k
https://youtu.be/0QpxtZgOuwc


Bibliografia:

- Roberto Leydi, “La possibile storia di una canzone, Storia d'Italia”, Einaudi 1973
- Giampaolo Pansa, “Bella ciao: Controstoria della Resistenza”, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2014
- Carlo Pestelli, “Bella ciao. La canzone della libertà”, Add Editore, 2016
- Per i bambini: “Bella ciao”. Libro cartonato con cd. Disegni di Paolo Cardoni, musica dei Modena City Ramblers, Gallucci Editore, 2019.

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