La copertina di “Ah Um” di Neil Fujita

(di Alessio Surian)





New York, Trentesima strada, martedì 5 maggio 1959: Charles Mingus entra negli studi di registrazione della Columbia con altri sette musicisti. Ci ritorneranno anche il mercoledì e giovedì della settimana seguente. Ne verranno fuori dodici brani che hanno segnato in modo indelebile la storia del jazz. Anzi, che sono un vero spartiacque fra quel che il jazz era stato e quel che stava diventando, con le composizioni di Mingus che sanno riprendere e dialogare con le voci indispensabili della tradizione afroamericana, da Duke Ellington a Lester Young a Charlie Parker.
Prendete il quasi-blues “Jelly Roll” che torna nella New Orleans dove si dice che Jelly Roll Morton fosse già un pianista professionista a dodici anni: si comincia in mi bemolle e si passa al la bemolle, ma quando sarebbe ora di “tornare” al mi bemolle, come vorrebbe un giro di blues in mi bemolle, l’armonia sale invece di una quarta ed eccoci in re bemolle. Se ne va il senso della tonalità che ci era stata “promessa” ed eccoci con le orecchie aperte a cercare di capire che tipo di imprevisti stanno per venirci incontro. E’ un po’ la cifra dell’album: pieno di idee, di melodie e ritmi emozionanti ed energetici, mentre tutto mantiene sempre un margine di rischio, di apertura a transizioni inaspettate. Perfino quando di dipinge in musica il proprio autoritratto Mingus mette in evidenza come ci vogliano almeno tre tonalità diverse. E’ possibile evocare a livello visivo questo dinamismo sonoro?

La copertina di Sadamitsu “Neil” Fujita per il disco che uscì il 14 settembre sembra proprio riuscirci e resta fra quelle memorabili nella storia dei 33 giri. Da quando era stato chiamato a lavorare come art director per la Columbia Records nel 1954, Fujita aveva cominciato ad esplorare le affinità e le possibili interazioni fra jazz e forme di pittura, grafica e fotografia contemporanea. Nacquero così copertine uniche con fotografi come Dan Weiner inviati appositamente per cogliere i momenti salienti del pianismo di Glenn Gould o “The Jazz Messengers” del 1956 con i membri del quintetto inseriti in un collage con pennellate di arancione.
Ma per “Ah Um”, il primo album di Mingus per la Columbia, e come accadrà anche per Gould, Brubeck, Eaton, Byrd-Grice, Fujita dipinse personalmente la copertina che per Milton Glaser, uno dei suoi collaboratori, mostra “un design rigorosamente mirato, sorta di sintesi fra i principi della Bauhaus e di sensibilità giapponese”. Nelle parole di Fujita: "Il jazz rimanda all’astrazione, a un certo grado di stilizzazione".

“Ah Um”:
https://www.youtube.com/watch?v=l5D7FQFVCWU

Un ricordo di Neil Fujita:
https://www.youtube.com/watch?v=XmMzVVvCa1k

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