Nana Power

(di Emiliana Losma)

Una delle artiste più poliedriche e interessanti del Novecento, Niki de Saint Phalle, ci offre una grande ispirazione attraverso una delle sue opere più famose: le “Nanas”, grandi sculture di donne giocose, libere, appassionate, seducenti e allegre.
La creazione di queste figure nasce dalla decostruzione dell'immaginario patriarcale sulle donne.



La lettura di Le deuxième sexe (1949) di Simone de Beauvoir porta Niki a creare statue di grandi dimensioni, realizzate in tessuti dipinti su rete metallica, che rappresentano temi classici quali la sposa, la madre, la prostituta, ciascuna dettagliata minuziosamente con oggetti le cui caratteristiche riprendono quelle del ruolo sociale previsto: bambini, fiori, miniature di ogni tipo pesano sulle spalle e sul petto di tali donne sino a togliere loro il fiato, e renderne i visi tragiche maschere di dolore. 



Dalla decostruzione, la creazione di immagini positive del femminile, le Nanas appunto.
Le nanas, termine inventato dalla stessa artista per designare “le ragazze”, escono dai confini in cui sono socialmente relegate e danzano, fanno capriole in pubblico, vestono in modo succinto e ancora (se la) ridono. È l’ideale della donna e della società dell’artista, che auspica la concretizzazione di un futuro permeato dall’energia creatrice del femminile, una nuova società matriarcale – simboleggiata dalla vagina che diventa, in alcuni casi – come nell’allestimento ad hoc al Museo d’arte moderna di Stoccolma – ingresso alla cattedrale in forma di nana cui vengono chiamati a entrare i visitatori per vedere una mostra d’arte e bere latte dai suoi seni.


Le nanas saranno infine strumentali sia al progetto di invadere il mondo di tale sensualità/sessualità/creatività liberata sia poi alla vendita di una loro copiosa produzione per raccogliere il denaro necessario a realizzare in completa autoproduzione, con Jean Tinguely, il Giardino dei tarocchi (1979-1983) in Toscana.




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