NOWRUZ [seconda parte] VALENZA POLITICA NELLA REGALITA' ACHEMENIDE

(di Matteo Malanca)

Analizzare il rito del Nowruz è utile per compiere una ulteriore riflessione, che va oltre gli aspetti della cultura materiale e investe in particolare il legame cosmico tra religioso e politico nel Mazdeismo.
Innanzitutto, occorre ammettere che la festività del Nowruz, così come l’intera religione mazdea/zoroastriana, va inquadrata in un contesto archeologico più ampio di quello persiano: infatti, nell’Antichità, pressoché tutti i popoli del Medio Oriente e del Mediterraneo praticavano riti di rinnovamento dell’ordine naturale in occasione del ritorno della primavera. 

In particolare, la scoperta dell'agricoltura era stata fondamentale nella diffusione dei riti di rinascita. 
Quando le società si sedentarizzarono, legandosi alle tecniche agricole e assunsero un organizzazione collettiva di tipo piramidale, “i miti di origine si moltiplicarono, lo spazio sacro assunse grande importanza e cominciò ad apparire la solidarietà mistica fra l'uomo e la vegetazione. L'Umanità, facendo proprie le tecniche della riproduzione vegetale, aveva afferrato il mistero della nascita, della morte e della rinascita e, attraverso una serie di rituali, sottese e valorizzò le sue credenze” (1). 

Tra le civiltà asiatiche, però, quei riti assumevano, oltre a un significato cosmico, anche una valenza “politica”. 
Nel momento in cui si rinsaldava l’alleanza tra la Divinità e i fedeli, al fine di garantire prosperità, fertilità, salute e fortuna per un altro anno a tutta la comunità, di fatto si rinnovava anche il legame tra il popolo e il suo sovrano. Quasi tutte le culture che abitavano le terre dal Levante mediterraneo all’Indo riconoscevano nella figura del re il punto di contatto tra l’Uomo e il Divino, una sorta di immagine del dio sulla terra. Rinnovare il patto con il sovrannaturale significava confermare la propria fiducia nella persona del re e per questo nella sua autorità politica. Le prime società a fare del proprio monarca un re-sacerdote furono quelle agricole mesopotamiche. 
Tutti i popoli limitrofi coevi attinsero a piene mani dal sistema di pensiero della Mezzaluna Fertile. Per tale ragione il Nowruz persiano tradisce evidenti corrispondenze con l’Akītu, la festa babilonese del nuovo anno (2). 


Nel periodo di massimo splendore imperiale del mondo persiano, quello corrispondente alla fase di dominio politico della dinastia achemenide, le cerimonie del Nowruz si legarono a doppio filo con la figura del sovrano (lo Shāh). Nella regalità achemenide, il re veniva visto come lo strumento di Dio sulla terra e il suo compito non era solo quello di migliorare la condizione umana, ma di salire a un livello soprannaturale, dal quale egli avrebbe rinnovato il mondo secondo il disegno celeste. 
La prova di rigenerazione stava nel regno delle certezze materiali. Sulla virtù del sovrano pendevano non solo la liberazione del suo popolo dalla povertà, l’angoscia, i bisogni materiali, la malattia e il disordine sociale, ma anche questioni cosmiche come il corso atteso della primavera e dell’autunno, della pioggia e del sole, dai quali dipendeva la fertilità della terra. Anche tenendo conto di tutte queste aspettative, i sovrani achemenidi visitavano i templi del fuoco, luoghi cerimoniali e di culto del Mazdeismo, che avevano reso religione ufficiale. 

“A partire da questa teoria della sacra regalità, i monarchi persiani presedievano fastosamente, nella città cerimoniale di Persepoli, proprio il primo giorno di primavera, le celebrazioni ufficiali del Nowruz. In quell’occasione il sovrano faceva da mediatore e da garante nel ciclico avvicendarsi delle stagioni, rinsaldando così la propria aura mistica e il proprio potere, mentre i Persiani maturavano una propria visione di sé, che li portava a considerarsi un popolo speciale posto al centro dell’universo” (3).

Come tutti i riti, dunque, anche quelli legati al Nowruz non sono festeggiamenti unicamente simbolici, bensì affondano le proprie origini e la propria ragione d’esistere nella costruzione dei rapporti sociali o nelle dinamiche di affermazione del Potere, ma, soprattutto, hanno una relazione diretta e giocano un ruolo fondamentale nel rafforzamento quotidiano dell’identità collettiva.

Note
1) Ries J., “L’uomo religioso nelle culture e nelle civiltà mediterranee”, in AA.VV. “La civiltà del Mediterraneo e il sacro”, 1992, Milano, Jaca Book, pag. 23.
2) Bellinger G.J., “Enciclopedia delle religioni”, 2003, Milano, Garzanti, pag. 62, voce “Babilonesi, religione dei".
3) Mackey S., Scott Harrop W., “The Iranians. Persia, Islam and the Soul of a Nation”, 1996, New York, Dutton/Penguin Books USA, pag. 23.

Fotografia
Dario I detto il Grande.

Per approfondire
https://it.wikipedia.org/wiki/Dinastia_achemenide

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