SOFFI DI VANITÀ: L'ARTE DI DARSI LE ARIE

(di Cadigia Hassan)


Quasi usando per sua parola
Null'altro che un battito al cielo,
Il futuro verso s'invola
Dall'avorio che in sé lo cela.
Ala piano corra all'orecchio
Questo ventaglio se esso è
Quello per cui qualche specchio
Risplendette dietro di te

Stéphane Mallarmé, “Ventaglio” […]

Luce la madreperla, la calanca
vertiginosa inghiotte ancora vittime,
ma le tue piume sulle guance sbiancano
e il giorno è forse salvo. O colpi fitti,
quando ti schiudi, o crudi lampi, o scrosci
sull'orde! (Muore chi ti riconosce?).

Eugenio Montale, “Il ventaglio”


O Fan of white silk,
clear as frost on the grass-blade,
You also are laid aside.

Ezra Pound, “Fan-Piece, for Her Imperial Lord”





Il ventaglio ha assunto nel corso dei secoli varie fogge e simbolismi, trasformandosi da strumento di uso pratico ad accessorio di potere, prestigio personale, seduzione, satira politica e di costume. Le forme primordiali erano realizzate con semplici elementi trovati in natura (grandi foglie, fiori e petali di loto, piume di pavone o struzzo, ali di uccello) ma la creatività, la voglia di distinguersi, di pavoneggiarsi e suscitare ammirazione e invidia – caratteristiche tipiche dell’umana specie – hanno alimentato la spinta artistica facendo di questi piccoli accessori dei veri e propri capolavori.




L’uso sociale del ventaglio, con la sua stilizzazione e funzionalità estetica, ieratica e politica, ebbe origine nelle civiltà più complesse e organizzate sviluppatesi lungo il corso dei grandi fiumi, e quindi tra i Cinesi, gli Assiro-babilonesi, gli Egizi, gli Indiani. Attraverso i commerci e il contatto con le popolazioni, Greci, Etruschi e Romani importarono il ventaglio nell’attuale Occidente, adattandolo alla propria sensibilità estetica.
Sia riferito a situazioni pubbliche, cerimoniali o di vita domestica, il ventaglio appare come una presenza giornaliera discreta ma continua nelle figure di terracotta e nelle rappresentazioni pittoriche già nel 200 a.C. Nell’antica Grecia, veniva utilizzato nel culto della dea Afrodite, agitato dalle fanciulle per sollevare la passione nel cuore degli uomini. Tra le piume più utilizzate per i flabelli troviamo quelle del pavone, ritenuto dai Greci l’uccello sacro dell’Olimpo, dai Romani simbolo della concordia matrimoniale e dai primi cristiani simbolo dell’immortalità e della resurrezione di Cristo (il ventaglio rientra nella liturgia cristiana e vi rimane fino al Medioevo).




Con il passare dei secoli, il ventaglio diventa via via un accessorio sempre più elaborato, mutando tipologie, proporzioni, lavorazioni (a foglia, a palmetta, circolare, a “tabella”), materiali (legno, cuoio, stoffa, osso di tartaruga, avorio), colorazioni e decorazioni (metalli e pietre preziosi, lacca, specchietti, penne, piume).
Nel XIV e XV secolo si sviluppa una terminologia di riferimento che coinvolge soprattutto le lingue neolatine e che approda al termine attuale. All’inizio del XVI secolo, i viaggiatori portoghesi e i commercianti veneziani introducono dalle Indie orientali in Europa il ventaglio pieghevole nelle due forme diventate poi tradizionali: brisé (con le stecche che si allargano) e ad ala riportata (composto da stecche e pagina o foglia). A diffonderlo in tutta Europa contribuirà Caterina de’ Medici che, divenuta sposa di Enrico II e regina di Francia, porterà questo accessorio alla corte di Parigi.




Da lì in avanti, il ventaglio subirà gli influssi della moda, delle tecniche di seduzione ( pensiamo alle pagine a “trompe-l’oeil) e dei codici linguistici fino a tutto l’Ottocento.

Per saperne di più:

“Un soffia di vanità. Ventagli da collezioni private italiane”, catologo della mostra a cura di Amalia Filippini Sacchetto e Lidia Testoni Sassi, De Luca Edizioni d’Arte, 1989.

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