I FEMMINIELLI NAPOLETANI, TRA SUPERSTIZIONE E MISTICISMO

di Cadigia Hassan

Io so' femmina dint' 'e fora
e pe' me si' 'na cumpagna
tieni core e sentimenti
e non si' diversa 'a me.
Chillo ca se mette scuorno
nun te parla e po' te ne caccia
tutte 'e notti po' te cerca
'mbraccia a te vene a carè.

(canzone napoletana)

Nella tradizione popolare campana esiste una figura che sembra ispirarsi al mito greco degli ermafroditi, descritto da Platone nel Simposio. Si tratta del femminiello (chiamato anche “femmenella”, “femminéllo” o “femmenéllo”), un uomo dalla marcata espressività femminile, che si pone al di là del dualismo uomo-donna, ma che anzi gode di una propria identità di genere, che a sua volta è anche identità culturale e sociale.


La figura del femminiello è storicamente ancorata soprattutto nella tradizione partenopea, dove gode di rispettabilità e privilegiata considerazione (non viene considerato deviante), ammantandosi di un alone di misticismo e superstizione. Folcloristiche e di grande impatto emotivo sono le partecipazioni dei femminielli ad alcuni eventi e manifestazioni, anche di carattere religioso, come la “Tammurriata” mistica che si tiene durante il pellegrinaggio alla Madonna dell’Arco (lunedì di Pasqua) o la “Juta dei femminielli” al Santuario di Montevergine ad Avellino durante il giorno della Candelora (2 febbraio), in omaggio a "Mamma Schiavona", la Madonna dalla pelle nera "che tutto concede e tutto perdona".


Il femminiello è un personaggio popolare amato, affettuosamente canzonato e cercato perché considerato portatore di fortuna per il suo legame con il magico. Un esempio ci è dato dalla spettacolarizzazione della tombola dei femminielli (detta anche “tombola vajassa” o “tombola scostumata”), che inizia con il classico grido di “Chest’è a mano e chist’è o culo do panaro, a mano è libera!”. A questo esilarante, irriverente, provocatorio gioco dei bassi (o vasci) napoletani sono ammesse a partecipare solo le donne (gli uomini possono osservare a distanza). Il femminiello estrae i numeri dal panaro (detto anche “panariello”), il tradizionale cesto di vimini a forma conica, li scandisce ad alta voce o – senza pronunciarli – ne declama i reconditi significati secondo la smorfia napoletana. Questa antica versione della tombola napoletana, movimentata e condita da un linguaggio sboccato e da battute grottesche, viene riproposta anche oggigiorno per il divertimento di turisti e autoctoni in spettacoli e cene a tema. Magistrale è la rappresentazione messa in scena da Roberto De Simone ne “La gatta Cenerentola” (1976), favola in musica in tre atti recitata in lingua napoletana e ispirata all’omonima fiaba di Giambattista Basile, contenuta ne “Lu Cuntu de li Cunti”, dove molti personaggi sono impersonati da femminielli.

Secondo la credenza popolare, è di buon auspicio mettere in braccio a un femminiello un bimbo appena nato. E, sempre in tema di parto, la cosiddetta “figliata dei femminielli” è un rito apotropaico mutuato dall’antico culto magnogreco della fecondità, dedicato alla Grande Madre Cibele con il suo seguito di sacerdoti eunuchi. In questo rituale viene simulata una nascita misterica: il femminiello, steso su un giaciglio e coperto da un lenzuolo, performa le doglie del parto mentre gli astanti inscenano lamenti costanti e ripetitivi, con una gestualità mimata molto simile al taluorno (triste accompagnamento vocale con oscillazioni ritmiche della testa) e al trivolo battuto (dolore picchiato) tipico dei riti funebri pugliesi e campani. La colorita figliata culmina con l’espulsione simbolica, dalle cosce del femminiello, di un bambolotto o di un legno a forma di fallo, e con grandi festeggiamenti a base di vermouth e babà. Questo rituale - che ricorda "l'imitazione magica" descritta da James Frazer ne “Il Ramo d’oro” e la couvade ovvero la partecipazione emotiva dell’uomo alla gravidanza, al parto e al post partum della compagna spiegata da Edward B. Tylor come espediente per confondere gli spiriti e allontanare gli influssi magici da partoriente e nascituro - è stato sapientemente descritto da Curzio Malaparte nel suo romanzo “La pelle”, trasposto cinematograficamente da Liliana Cavani nell’omonimo film del 1981, ma anche nel più recente film di Ferzan Ozpetek “Napoli velata” (2017).



Un femminiello appare anche ne “Il giovane favoloso”, film di Mario Martone del 2014, centrato sulla giovinezza di Giacomo Leopardi. Nel film, l’amico Ranieri conduce il poeta in un lupanare di Napoli dove riceverà l’iniziazione sessuale per opera di un giovane ermafrodito. Si tratta di una libertà artistica in quanto non abbiamo nessuna riprova dell’omosessualità di Leopardi che, a detta dell’amico Ranieri, “è morto casto”. La storia di quattro femminielli viene raccontata da Nino Pezzella nel documentario “Femminielli” (2014), ambientato nei Quartieri Spagnoli.
Nel panorama musicale, un omaggio al femminiello è contenuto nella canzone “Vincere l’odio” interpretata da Elio e le Storie Tese (2016) e nel brano Litfiga dei Pop X (2018).
Nel febbraio 2019, a Napoli, in un vicolo di Montecalvario, e più precisamente sulla parete esterna del Palazzetto Urban, l’artista-madonnaro Vittorio Valiante ha realizzato un murales dedicato alla Tarantina (all’anagrafe Carmelo Cosma), ultraottantenne transgender di origine pugliese, divenuta uno degli storici femminielli napoletani. Il murales, promosso dalla Fondazione Foqus con il coordinamento e il sostegno organizzativo del Tavolo interassessorile della Creatività Urbana del Comune di Napoli, è stato oggetto, a pochi giorni dall’inaugurazione, di un atto vandalico che ne ha imbrattato il popolare volto (con l’aggiunta della scritta “Non è Napoli”). Il murales, ripristinato in tempi rapidi, ritrae la mitica Tarantina Taran, grande attrazione nel dopoguerra della famosa casa di tolleranza “68”, con il tradizionale panariello della tombolata.



Per approfondimenti:
- Marco Bertuzzi, “I femminielli. Il labile confine tra l’umano e il sacro”, Ass. Multimage, 2005.
- Gerardo Sinatore, “7 sorelle, Madonne e stelle, e il protagonismo dei femminielli nelle feste tradizionali campane; Montevergine; Sant’Anastasia; Napoli P.zza Mercato; Napoli Piedigrotta: Pugliano, Pagani: Materdomini”, autopubblicato, 2018, formato Kindle
- Maria Carolina Vesce, “Altri transiti. Corpi, pratiche, rappresentazioni di femminielli e transessuali”, Mimesis, 2017
- Gabriella Romano (a cura), “La Tarantina e la sua “dolce vita”. Racconto autobiografico di un femminiello napoletano”, Ombre Corte, 2013
- Eugenio Zito e Paolo Valerio, “Corpi sull'uscio, identità possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli”, Filema Edizioni, 2010

Contributi video:
- Il rosario dei femminielli ne “La gatta Cenerentola” favola in musica di Roberto De Simone
- La figliata dei femminielli nel film di Liliana Cavani “La Pelle” (1981), tratto dall’omonimo romanzo di Curzio Malaparte
- Scena della “Figliata dei Femminielli” nel film “Napoli velata” di Ferzan Ozpetek (2017)

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