MIRABILI CAPELLI #1

di Cadigia Hassan

Antonio Canova, "Amore e Psiche" - Museo del Louvre, Parigi.
INTRODUZIONE
Durante il periodo di lockdown avevo un desiderio ricorrente: andare dal parrucchiere a tagliarmi i capelli. Sentivo che la fine della quarantena doveva essere suggellata da una sorta di rito che decretasse l’inizio a una nuova vita. La locuzione “dare un taglio”, intesa nel senso di interrompere la continuità di un processo che alla lunga ha sfiancato, dà perfettamente il senso di ciò che intendevo. Ma perché coinvolgere proprio i capelli? Questa domanda mi ha portato a riflettere su come, nelle varie culture di ogni tempo e e luogo, sia proprio il taglio dei capelli una delle prime azioni a definire un cambio di status, l’iniziazione a una religione, l’esibizione del potere o l’affermazione di una identità politica o sociale. Ho pensato allora di proporre ai lettori di Mirabilia un viaggio in più puntate attorno all’affascinante pianeta “Capelli”, costellato da simbolismi e significati che permeano in un continuum la sfera del sacro e del profano, avvalendomi di numerosi prestiti che spaziano dai miti alle religioni, dalle credenze e pratiche popolari alla storia del costume e dei prodotti socio-culturali. I capelli non svolgono solo una funzione estetica ma anche simbolica, sociale, comunicativa. La loro forma, il colore, il modo di acconciarli, ma anche quello di non curarli o di privarsene totalmente, rivelano l’universo etnico/identitario, lo status sociale, l’appartenenza religiosa, culturale o subculturale di una persona, la sua (auto)collocazione dentro, fuori o ai margini del gruppo sociale in cui essa è inserita. I capelli si avvalgono di un linguaggio, decifrabile a più livelli, denso anche di messaggi seduttivi ed erotici: rappresentano un elemento di differenziazione e di imbellimento (beautification). Iniziamo allora questo viaggio a tappe tematiche dedicato ai capelli.

Hathor, dea egizia “dagli splendidi capelli”.

PRIMA TAPPA: SEDUZIONE, VIRILITA’, POTERE, MORTE
I capelli hanno un forte portato simbolico. La storia e la mitologia ci offrono molteplici riferimenti ai capelli come cifra di seduzione, energia vitale, forza virile e potere carismatico.
Gli antichi Egizi si rivolgevano alla dea Hathor, patrona della gioia, della danza, della musica e dell’amore, come dea “dagli splendidi capelli”. Nel “Cantico dei Cantici”, attribuito al re Salomone, i capelli dell’amata vengono celebrati come “un gregge di capre, sospese ai fianchi del monte di Galaal”. Gli antichi Greci e Romani credevano che il propulsore della vita risiedesse al centro dei capelli mentre per gli indiani d’America Manitù portava in cielo i morti afferrandoli per i capelli.

Secondo gli Indiani d’America, Manitù portava in cielo i morti afferrandoli per i capelli.
L’associazione capelli-virilità richiama alla mente la vicenda di Sansone (Bibbia, Libro dei Giudici, capp. 13-16), eroe dalla forza prodigiosa concessa direttamente da Dio. Sedotto da Dalila, Sansone rivela alla donna – istigata dai capi dei Filistei - che il segreto della propria forza sta nei suoi capelli. La notte, Dalila lo fa addormentare e chiama un uomo a rasargli le sette trecce, decretando la rovina dell’eroe. Questo atto può essere letto come una sorta di “evirazione simbolica”.
Cantico dei Cantici
“I tuoi capelli sono come un gregge di capre, che pascolano sul monte Galaad”.

I capelli hanno incarnato nei secoli la rappresentazione del potere, sia divino che terreno. Sacerdoti e potenti hanno sempre indossato parrucche, copricapo, strabilianti acconciature per distinguersi dalla massa dei comuni mortali. L’imperatore romano Gallieno (260-268) era solito spruzzare i suoi capelli con polvere d’oro. Molti secoli dopo, Luigi XIV di Francia, denominato il Re Sole (in carica dal 1643 al 1715), esprimeva la sua regale potenza con una fastosa parrucca di boccoli neri.

Il taglio forzato dei capelli esprime una violenza simbolica legata alla degradazione, alla interiorizzazione e al disprezzo verso prigionieri di guerra, traditori, adultere e criminali. Gli Indiani d’America, così come le antiche popolazioni euroasiatiche, asportavano lo scalpo dei nemici uccisi o feriti non solo come dimostrazione del proprio valore di guerriero o come pratica per impadronirsi delle doti del malcapitato, ma anche per impedire a quest’ultimo di vendicarsi dal regno dei morti (radersi il capo per impedire questa ingiuria era considerato un atto di vigliaccheria). Una simile credenza sta anche nella pratica delle tsantsas, il rimpicciolimento delle teste dei nemici, usata a scopo trofeale e rituale dagli indigeni della Melanesia e del bacino del Rio delle Amazzoni.

Il taglio dei capelli come rinuncia ai beni e alle passioni terreni e come espressione di lutto e di sacrificio di sé costituisce una cifra ricorrente di molti miti e riti. Iside, annientata dal dolore per l’assassinio di Osiride da parte di Set, si tagliò i capelli e si strappò le vesti, prima di vagare alla ricerca del corpo dell’amato. La regina Berenice sacrificò le sue belle trecce alla dea Afrodite quando il marito Tolomeo II Evergete tornò vittorioso dalla guerra contro la Siria (dal mito prese il nome la costellazione “Chioma di Berenice”). Presso molti popoli vi era l’usanza per la donna di tagliarsi i capelli come azione apotropaica di allontanamento dalla morte, oppure in segno di lutto per la perdita del marito, di un figlio o di un fratello, come avviene ancor oggi, ad esempio, nei piccoli paesi del centro del Marocco.

(Nella prossima tappa di Mirabili Capelli: “Rituali e magia: miti, tradizioni, credenze e pratiche di ieri e di oggi”)

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