MIRABILI CAPELLI #2

di Cadigia Hassan

II Tappa: “Mito, magia, sacro, credenze popolari e pratiche di ieri e di oggi”

Sif, mitologia norrena
I capelli sembrano racchiudere un’energia viva, capace di rigenerarsi continuamente nel loro fluire. Nel simbolismo arcaico rappresentano un’estensione dell’anima, un filo che collega l’uomo al divino, un attributo di bellezza esteriore e interiore. 
Nella mitologia greca, la vanitosa Medusa, Gorgone dalla splendida capigliatura, viene trasformata da Atena in un mostro con in testa un groviglio di serpi, denti a forma di zanne e sguardo che pietrifica chi osa guardarla. 
Nella mitologia norrena (scandinava), il dio Loki ricorre all’aiuto degli elfi Asgard e Smifhelm per placare la furia di Thor, dio del tuono, alla cui moglie Sif il bricconcello aveva tagliato la lunga chioma dorata. 
Nella mitologia filippina, Maria Makiling (chiamata anche Mariang Makiling) è la fata della foresta, spirito guardiano del Monte Makiling, a Laguna. E’ una fanciulla dalla bellezza mozzafiato, dai lunghi e splendenti capelli corvini che toccano il suolo e le cui forme contornano il suggestivo paesaggio. 



Le fiabe della tradizione popolare sono piene di eroine dalle fluide chiome, una tra tutte Raperonzolo (Rapunzel), pubblicata dai fratelli Grimm nel 1812 e tratta da un’antica leggenda iraniana. Grazie alla lunghezza della sua chioma, la ragazza potrà liberarsi dalla strega che la tiene imprigionata in una torre, e a sposare il suo principe.

Sin dai tempi più remoti, ai capelli vengono associati tabù e valenze magiche. In Messico, le ragazze agitavano i capelli sciolti nelle danze rituali dedicate alla “dea del mais” o “madre dai lunghi capelli”. In Taiwan, le donne “Yami” della minoranza etnica Gaoshan danzano scuotendo i capelli in segno di forza primitiva (https://www.youtube.com/watch?v=G8kTPA2FXns).

La credenza che nei capelli risiedano forze malefiche porta nel Medioevo a rasare la testa delle streghe prima di essere giustiziate. Capelli e unghie (oltre a saliva, denti, sangue mestruale) sono elementi usati per malefici o filtri d’amore, ragion per cui molte culture (si pensi, ad esempio, alla religione zoroastriana) prescrivono di nascondere ciò che rimane del loro taglio in buchi e crepacci.
Attraverso i capelli è possibile agire sulle condizioni atmosferiche. I Masai detengono la magia di provocare la pioggia finché non tagliano capelli e barba. Gli Inuit, tramite un rituale sciamanico, inviano un messaggero a intrecciare i capelli dell’irosa Sedna, dea degli abissi marini, affinché non scagli tuoni, fulmini e temporali e consenta al popolo di pescatori il sostentamento di sé e delle proprie famiglie. 

Sedna, dea degli abissi marini (Inuit)
Il taglio dei capelli accompagna un rito di passaggio in molte culture. Anche oggi, quando si decide di dare una svolta al proprio passato, di liberarsi da un dolore o di emanciparsi da un vincolo che imprigiona si ricorre a un taglio, non solo metaforico.
Secondo McAlexander e Schouten (“Transition Markers”, 1989), sono tre i riti di passaggio nei quali i mutamenti dello stile dei capelli segnalano un passaggio di status: 1) il distacco dal controllo parentale e la conseguente indipendenza; 2) la formazione dell’identità sessuale; 3) l’affiliazione come membro di un gruppo sociale (militare, religioso, ideologico). 

Nell’Italia meridionale, al primo taglio dei capelli, si usava mettere una moneta nella mano del bambino per propiziarne la buona sorte. La cerimonia del Chudakarana, uno dei sedici Samskaram dell’induismo, che prescrive la prima rasatura tra il primo e il terzo anno di vita, segna simbolicamente la purificazione del corpo e dell’anima e il passaggio dall’influenza materna a quella paterna. Nelle isole dell’Oceano Pacifico, era invece la sospensione della rasatura a decretare il passaggio dalla condizione di fanciullo alla condizione di uomo. Nei paesi dell’Europa dell’Est si crede che i capelli tagliati di martedì e giovedì portino fortuna mentre è sconsigliabile tagliarsi di domenica, lunedì e venerdì. Nella tradizione contadina italiana, ad ogni modo, tagliare i capelli il primo venerdì di marzo scongiurerebbe il mal di testa per tutto l’anno. 

I capelli hanno inoltre una correlazione con le immagini mentali, i pensieri, i sogni. Secondo gli Indiani Navajo, i nuovi pensieri stanno a contatto del cuoio capelluto, quelli più vecchi sulle punte dei capelli. Nell’interpretazione dei sogni, la perdita dei capelli simboleggia la perdita di una qualità importante (bellezza, giovinezza, forza, fascino, stabilità economica e sociale).

Bottega di barbiere presso i Navajo



I capelli nel sacro

In molte religioni la tonsura assume il significato di sottomissione al divino, voto di castità, ascetismo, distacco dall’esistenza materiale del corpo, raggiungimento di una dimensione spirituale iper-umana. Pensiamo alla tonsura dei sacerdoti greci o egizi, dei monaci buddisti, dei religiosi del cristianesimo antico, ortodosso, delle chiese orientali cattoliche di rito bizantino e di numerosi ordini monastici (come i Certosini e i Trappisti), ma anche al taglio dei capelli delle vestali e delle suore.
Uomini e ragazzi di fede ebraica portano i payot (“boccoli” o “riccioli laterali”), secondo l’ingiunzione biblica. In partenza per il pellegrinaggio (hadj) alla Mecca e a Medina, che avviene a partire dal settimo giorno del mese sacro di Zu-al-higga nel calendario lunare, il musulmano si rade i capelli se uomo, o li accorcia se donna, in segno di purificazione corporale e di collocazione a un livello di parità con i fratelli della umma (comunità islamica). Nel rito di iniziazione, gli adepti del giainismo si strappano i capelli, a simboleggiare l’austerità e la rinuncia alla sessualità. 

Parimenti alla tonsura, anche i capelli lunghi e aggrovigliati (matted locks) rappresentano una variante dell’ascetismo e della devozione religiosa. E' il caso dei sacerdoti e delle sacerdotesse del centro di Kataragama, in Sri Lanka, meta di pellegrinaggio di molti devoti indu-buddisti. 
I sadhu esprimono la loro rinuncia radicale alle cose terrene andando in giro nudi e portando capelli molto lunghi (jata), in emulazione di Shiva, dio della Distruzione e Maestro dello Jogy, i cui lunghi capelli posseggono poteri sovrannaturali. 
I Sikh non si tagliano mai la barba e i capelli, che raccolgono in un turbante, segno identitario e irrinunciabile della loro religione. Il kesh, ovvero il pelo, è una delle cinque K prescritte dal sikhismo, simbolo di rispetto per la perfezione della creazione divina. Bhai Taru Singh, rivoluzionario ai tempi dell’Impero Moghul (metà del XVIII secolo), fu giustiziato per aver rifiutato di tagliarsi barba e capelli durante la persecuzione dei sikh, e per tale sacrificio venne assurto alla figura di martire. 

Nel sikhismo, la crescita della barba e dei capelli (“kesh”, pelo) simboleggia il rispetto per la perfezione divina


I capelli vengono offerti alla divinità in cambio di benedizioni, come avviene in India nel tempio Tirumala Venkateswara, nei pressi di Tirupati. Ma simboleggiano anche una remissione dai peccati (come i capelli della Maddalena, che unsero i piedi di Gesù) o la ricompensa per una purezza difesa a costo della propria vita (come i capelli di Santa Agnese che, durante il suo martirio, crebbero al punto di coprire le sue nudità). 
Un’altra nudità coperta dai lunghi capelli – ma qui usciamo dalla sfera del sacro per entrare in quella della storia, travisata dalla leggenda – è quella di Lady Godiva (990 – 1067), moglie del Conte Leofrico di Coventry (Inghilterra). Per ottenere la soppressione di un ulteriore tributo imposto da suo marito ai sudditi già provati da numerose imposte, la bella nobildonna cavalcò nuda per le strade di Conventry, coperta solo dai suoi lunghi capelli.


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