PSICOLOGIA DEI COLORI #7

di Alfredo Sgarlato

A quanto scrive lo storico dell'arte Pastoreau, per molti secoli il giallo non è stato percepito come colore a sè stante, e spesso ha avuto una connotazione ambigua, a seconda che la sfumatura fosse acida o brillante. Il giallo può essere abbinato alla bile, all'urina, e quindi all'invidia, al tradimento: gialla è la veste di Giuda, dalla radice "fel" derivano sia bile che fellone; oppure all'oro e allo zafferano, altra sostanza rara e costosa, o al miele, e quindi a ricchezza e gioia di vivere.

Nell'antica Roma era il colore delle donne sposate, e la cerimonia del matrimonio prevedeva l'ingresso in una stanza dalle pareti giallo carico. Nel Medioevo assume carattere negativo, ambiguo: la veste di Giuda è prescritta per folli, appestati, buffoni, usurai, prostitute, carnefici, ma anche artisti, tutti coloro che sono fuori dall'ordine costituito. Però Il Giovane Werther porta pantaloni gialli, e il suo stile sarà molto imitato.

Gli Impressionisti, i Fauves, Van Gogh, Cezanne, lo amano e lo fanno riscoprire. Nonostante la stella gialla imposta agli ebrei (rifacendosi alla simbolica medievale) nel '900 è amato dai movimenti antisistema, qui in senso positivo, come dai pubblicitari, in quanto colore moderno, dinamico.

Nel test di Lüscher indica proprio la tendenza al dinamismo, al movimento, chi lo sceglie però tende ad evitare il conflitto e a lasciare ad altri le responsabilità.

Édouard Manet, Le citron, 1880

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