GLI OGGETTI TRASFORMATI DI DORIS SALCEDO

di Ellie Ivanova

Doris Salcedo è un'artista colombiana che crea sculture da oggetti quotidiani, trasformandoli per dare corpo a sensazioni invisibili in una forma materiale: la memoria, il concetto della morte e il dolore causato dalla perdita di esseri amati. Le sue sculture sono quasi sempre site-specific, cioè create come installazioni mirate per un posto specifico, integrandole nel contesto e nel significato dello spazio scelto.

Una delle serie più importanti che Salcedo ha creato è dedicata alla memoria degli assassinati politici in Colombia, per mano delle forze paramilitari. Salcedo ha trascorso del tempo con le famiglie delle persone scomparse e dopo aver sentito il loro racconto, ha usato mobili della vita della casa, riempendo i cassetti e le vetrine di armadi e cassettiere con cemento e ritraendo in questo modo la persistenza della memoria e il dolore sentito dell'assenza della persona scomparsa.
Doris Salcedo, Untitled (1995), MoMA


Nella serie Atrabiliarios Salcedo si concentra sulle storie personali di donne violate dall'esercito colombiano. Dopo aver ascoltato le loro storie, attraverso lunghi percorsi e dialoghi, ha deciso di utilizare le scarpe di queste donne come simbolo del desiderio di fuga e salvezza e di oggettivazione della loro umanità. L'artista ha creato delle nicchie nei muri di diverse gallerie e musei e, dopo aver disposto le scarpe lì, ha poi coperto le nicchie con tessuto animale trasparente, fissato con filo chirurgico.
Doris Salcedo, dalla serie Atribiliados (1992-2004), Museum of Contemporary Art Chicago

Una delle sue opere di maggior impatto è l'installazione realizzata ad Istanbul intitolata Senza Titolo (2003), in cui ha accumulato migliaia di sedie in spazi vuoti tra edifici. Le forme quasi umane delle sedie rappresentano l'idea dell'assenza e dell'individualità nella moltitudine. Essendo Istanbul una città crocevia di migrazioni, così come anche di storia tragica, l'artista ha voluto usare la forma del quotidiano in forma metaforica.
Doris Salcedo, Untitled (2003), 8th Instanbul Biennale

Mi domando, se dovessimo trasformare gli oggetti quotidiani della pandemia, come li trasformeremmo e che metafora rappresenterebbe questa trasformazione?

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